"Avvicinati Amici, c'è Busacca" - Quello del Cantastorie

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"Avvicinati Amici, c'è Busacca"

SPETTACOLO POPOLARE > Cantastorie

Il 26 ottobre 2019 a Roma, Museo delle Civiltà, Museo delle arti e tradizioni popolari "Lamberto Loria", in occasione della "Giornata
Nazionale del Folklore e delle Tradizioni Popolari", è stata inaugurata la mostra


                            "AVVICINATI AMICI, C’E’ BUSACCA"
 
                Cartelloni, fotografie, documenti in una mostra a trent’anni dalla scomparsa
                     del grande poeta-cantastorie siciliano Cicciu Busacca (1925-1989)

con gli interventi, introdotti da Francesco Aquilanti, di Claudia Barcellona, Francesca Busacca, Sabina Magrini, Nino Naso, Alessandro Nicolosi.
Mauro Geraci (voce e chitarra) e Stefano Pogelli (mandolino) hanno riproposto storie e ballate tratte dal repertorio di Cicciu Busacca e dei
cantastorie siciliani in collaborazione con Istituto centrale per i beni sonori e audiovisivi, Comune di Paternò (Catania), Università di Messina,
Dip. Civiltà antiche e moderne, Associazione Culturale Cantastorie Busacca.

Cicciu  Busacca, cantastorie della povera gente
 
Nota di Mauro Geraci (Antropologo culturale – Università degli Studi di Messina)
 
 
 
Contadino d’inverno, d’estate fornaciaio nella bottega del padre, Francesco (Cicciu) Busacca nasce il 15 febbraio 1925 a Paternò,
in provincia di Catania. Da bambino rivela presto un amore spiccato per la parola cantata creando componimenti augurali che
inizia a declamare nelle feste di compleanno, di Carnevale o in occasione di battesimi e matrimoni. Quale popolosa cittadina
e fiorente centro commerciale alle falde dell’Etna, Paternò era meta prediletta di canzonettisti ambulanti (piazzisti) e, soprattutto,
di più anziani poeti-cantastorie quali Orazio Strano (1904-1981) che, quasi giornalmente, con chitarre e cartelloni facevano
la posteggia nella centrale piazzetta dell’Urna. Per Busacca, come per gli altri giovani cantastorie di Paternò quali Francesco
Paparo (detto Rinzinu), Matteo Musumeci e Vito Santangelo, questi furono i maestri. Nel ‘51 fu soprattutto l’anziano cantastorie
Gaetano Grasso (1895-1978) a invogliare il giovane Cicciu a debuttare nella piazza di San Cataldo (Caltanissetta) con la sua prima
storia, L’assassinio di Raddusa, dedicata alla vendetta compiuta da una diciassettenne con la pubblica uccisione dell’uomo che
l’aveva violentata. Dopo il debutto e le prime comparse in piazza condivise con Paolo Garofalo (1914-2016), Busacca ben presto
dimostrò di essere il “nuovo cantastorie”. Assieme ai cartelloni – per lui dipinti dai due più grandi cartellonisti della Sicilia orientale,
Vincenzo Astuto di Messina e Orazio Patanè di Riposto – Busacca iniziò, infatti, a usare microfoni e altoparlanti, sul tetto di
un’automobile adibita a palcoscenico ambulante per diffondere, in tutte le piazze di Sicilia, l’immagine di un cantastorie che, con le
sue cronache cantate, lotta in prima persona per riscattare il “suo popolo” dalle condizioni di subalternità, denunciando il persistere
di un codice d’onore violento, chiuso alle trasformazioni sociali, ricalcato su una feudalità mafiosa che finiva ancora per regolare
ogni rapporto interpersonale opprimendo i più deboli. Ѐ in questa prospettiva che iniziano a sbocciare storie quali Carnificina
a Pulignanu a mari, L’avvucatu assassinu, Lu bastardu, Lidia Calarcu la vinnicatrici di sciuriddi, Lu veru amuri e lu mostru
di San Petru, Lu veru malandrinu, Tradimentu, Petru Taurmina lu sfurtunatu, Turi Firranti, ovveru l’unuri costa caru.
Virgogna e gilusia, amuri, tradimentu e pistulati, come anche divertenti contrasti poetici incentrati sulla progressiva modernizzazione
della sfera domestica quali Cumannanu li mogghi.
 
Nel ’53, presentato dal poeta-cantastorie Turiddu Bella (1911-1989), Busacca conosce il grande poeta di Bagheria (Palermo)
Ignazio Buttitta (1899-1997) con cui stringe subito un rapporto di stima e amicizia e un fertilissimo sodalizio artistico che, nel ‘55,
quando la mafia assassinò Salvatore Carnevale, sindacalista e segretario della federazione socialista di Sciara (Palermo) diede il primo,
straordinario frutto. Per la sua voce Buttitta scelse, infatti, di comporre il Lamentu pi la morti di Turiddu Carnevali, una delle più alte
pagine della poesia siciliana contemporanea, la cui prima rappresentazione avvenne a Livorno, in occasione del III Congresso della
cultura popolare alla presenza di Cesare Zavattini, Carlo Levi, Luchino Visconti, Pier Paolo Pasolini, Roberto Leydi. Il successo del
Lamentu fu decisivo e proiettò l’arte e l’impegno civile di Busacca oltre l’isola dove, di contro, ai cantastorie le piazze vennero
progressivamente precluse, nel tentativo di stroncare alla radice ogni libera e pubblica riflessione. Così - dopo aver preso parte nel ’56
alla rassegna Pupi e cantastorie di Sicilia organizzata al Piccolo Teatro di Milano, dopo aver vinto nel ’57 il titolo di Trovatore
d’Italia nell’ambito della I Sagra nazionale dei cantastorie organizzata dall’A.I.Ca. (Associazione italiana cantastorie) - nel ’69 Busacca,
in coincidenza del grande successo discografico ottenuto col Lamentu e col Contrasto tra la morte e il miliardario, decide di stabilirsi a
Como e da lì avviare un’intensa attività di spettacoli in Italia e all’estero. Accanto ad altre storie che riprendono la prima produzione
Giuvanni Accetta (l’innucenti vinnicaturi), La storia di lu briganti Musulinu, La storia di Turi Giulianu, Storia di Orlando e Rinaldo
paladini di Francia – l’insostituibile supporto poetico di Buttitta fece sì che Busacca abbracciasse un nuovo repertorio politico,
più direttamente volto ad affrontare irrisolte questioni quali la mafia, l’emigrazione, il malgoverno, la subalternità economica del
Mezzogiorno. Il nuovo repertorio di Busacca e Buttitta sarà, così, d’esempio ai più giovani cantastorie, quale ad esempio Franco Trincale
(1935), verso il superamento della “pura” cronaca cantata e lo sviluppo di istanze di rinnovamento sociale, di una moralità riflessa, icastica
e sferzante, veicolo di prospettive ideologiche di cui il ragionamento poetico cantato diveniva propagatore. Da qui grandi opere quali
Lu trenu di lu suli sulla tragedia di Marcinelle, La storia dei fratelli Cervi, Che cosa è la mafia?, Desiderio siciliano, Come cambiare il
mondo, Filumena Guastafierro (la matri ca si vinniu li figghi). Maggiornente connesse al folk music revival riultano, invece, iniziative
alle quali Busacca prese parte: fra tutte, nel 1969-70, la partecipazione assieme a Rosa Balistreri allo spettacolo Ci ragiono e
canto di Dario Fo e il Laboratorio di cultura popolare organizzato tra il ’72 e il ’76 dall’Associazione italiana di cinematografia scientifica
di Roma, dalla Regione Lombardia e dalla Società italiana di etnomusicologia sotto la guida di Diego Carpitella, Roberto Leydi e
Annabella Rossi. Nel ’76 ritroviamo Busacca anche in uno storico concerto al Folkstudio di Roma, come nella trasmissione Rai
Italia bella mostrati gentile curata da Buttitta; nel ’78, assieme ai figli, ne La giullarata, spettacolo anch’esso organizzato dal collettivo
teatrale di Dario Fo, come in diversi istituti scolastici impegnato in numerosi laboratori sulle tecniche espressive dei poeti-cantastorie e sulle
loro valenze didattiche. Dai primi anni Ottanta, assieme alla salute cagionevole, la restrizione e il controllo delle piazze come il declino del
folk music revival segnarono la fine delle attività del cantastorie paternese che morì a Busto Arsizio (Varese) l’11 settembre 1989.
 
La presente mostra che, a trent’anni dalla scomparsa, ricostruisce l’iter biografico e poetico di Cicciu Busacca, offre così la possibilità di
riscoprire la mimesis con cui il cantastorie era capace di far propri e restituire al pubblico i tormenti dei suoi personaggi, come la dimensione
dell’estraniamento critico (scepsis) che già Bertol Brecht tanto ammirava nei bänkelsänger della Germania medievale e che in Busacca torna
per riflettere con libertà i fatti e sui fatti, piccoli e grandi, della storia contemporanea. Una riflessione cantata tanto più efficace quanto più
volta al ritrovamento di verità che non si lasciano intimorire da omelie, ortodossie, sermoni, verdetti o dalle versioni più stereotipate e
accreditate della storia. Verità che, al contrario, Busacca scova, verifica, arricchisce come anche cancella e disprezza nella viva piazza.
Piazza che - ricorda Buttitta in U rancuri (discorso ai feudatari) – il poeta-cantastorie sa assumere quale “cassa armonica che suona per tutti”.

 
                                                                                                                                                                      
                                                                                                                                                              Mauro Geraci












Foto Casa Discografica Primary


" Il Cantastorie", n.9/12, aprile-luglio 1967


Foto inedita  Milano, 28 gennaio 1967


Ciccio Busacca e la figlia Concetta, Milano, spettacolo al Quartiere Gallaratese, 31-10-1971

Como, Autunno Musicale, Laboratorio di Musica Popolare, 23-09-1972

Como, Autunno Musicale, Laboratorio di Musica Popolare, 23-09-1972, Concetta, Pina, Paolo, figli di Ciccio Busacca





Torno (Como), 9 settembre 1977 ("Il Cantastorie, N.S., n. 25, aprile 1978)





 


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