2014 ARIOSTO Ivana Monti, l'Ariosto e il maggio a "L'Orecchio del Sabato" - Quello del Cantastorie

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2014 ARIOSTO Ivana Monti, l'Ariosto e il maggio a "L'Orecchio del Sabato"

EVENTI
                                                          
IL MAGGIO E L’ARIOSTO
CON IVANA MONTI AL CONSERVATORIO



Presentando nel 2013 la seconda edizione degli incontri settimanali de “L’Orecchio del Sabato. La musica tra oralità e scrittura: scambi, rapporti, contaminazioni” alla Biblioteca “A. Gentilucci” dell’Istituto Superiore di Studi Musicali “Peri e Merulo” di Reggio Emilia e Castelnuovo Monti, Monica Boni afferma: “La scrittura musicale nasce con l’intento di fissare alcune forme di espressione sonora, prima diffuse solo per via orale, al fine di garantire ad esse una trasmissione stabile nel tempo. La sua adozione e l’evoluzione delle tecniche orientate a tal fine, tuttavia, non hanno impedito che la tradizione orale della musica continuasse ad esistere. A fronte di una radice comune, si è determinata nei fatti la costituzione di due mondi con tradizioni e percorsi storici paralleli, la cui netta separazione – a prezzo di alcune antinomiche opposizioni, come “popolare” e “colto” – non ha precluso la loro comunicazione, ponendo i due modi di esistere della musica in condizione di nutrirsi comunque l’uno dell’altro. Il rapporto tra oralità e scrittura, infatti, è caratterizzato nei secoli da un dinamico scambio di sguardi e d’influenze reciproche, in cui la dimensione dell’oralità, oltre a lasciare tracce riconoscibili nella musica scritta, si impossessa con facilità degli stessi linguaggi ormai formalizzati dalla scrittura, mentre questa riconosce nel proprio debito alle pratiche esecutive la necessaria integrazione del proprio dettato”.
In questo contesto avevo proposto, per uno degli incontri de “L’Orecchio del Sabato), un confronto tra le poetiche del Maggio drammatico e l’epica cavalleresca del “Combattimento di Tancredi e Clorinda” di Claudio Monteverdi, affidando a un autore di Maggi la rilettura di quelle ottave secondo la metrica e la voce proprie di questa espressione del teatro popolare.
Il confronto non fu possibile a quell’epoca per problemi dell’organico degli artisti previsti per il componimento di Monteverdi, ma l’evento – è il caso di dirlo, in quanto propose, per la prima volta la rappresentazione di un Maggio in Conservatorio – si svolse ugualmente il 13 aprile, ed ebbe un successo notevole e per molti anche emozionante. Nell’auditorium “Masini” si esibirono alcuni maggerini delle compagnie modenesi di Frassinoro e Romanoro (con alcuni brani del Maggio “La Gerusalemme Liberata” di ignoto autore) e, nell’esecuzione di componimenti di Sigismondo d’India, il soprano Monica Piccinini, e Ioana Carauso al clavicembalo.
L’incontro con Monteverdi ebbe luogo nell’estate successiva, a Castelnovo Monti, nel corso della Rassegna “Summer School” dell’Istituto Superiore di Studi Musicali “Peri e Merulo” con i giovani esecutori dell’Istituto e i maggerini delle compagnie di Romanoro e Frassinoro.
L’imponente opera dedicata da Ludovico Ariosto (1474-1533) alla storia poetica delle vicende della cavalleria, elogiata dalla critica letteraria di ogni epoca, è stata anche la lettura preferita e amata nel corso dei secoli dagli appassionati cultori del teatro popolare. I poeti del Maggio drammatico hanno composto numerosi testi ispirati ai personaggi dei canti ariosteschi.
Il poema più famoso dell’Ariosto, l’”Orlando Furioso”, nel corso dei secoli è stato analizzato è studiato attraverso studi letterari e convegni scientifici come quello che si è svolto a Reggio Emilia nel 1974 in occasione del 500° anniversario della nascita del famoso poeta reggiano in un convegno alla presenza di numerosi studiosi.
Già in quell’occasione era apparsa notevole l’influenza dei versi ariosteschi nei poeti popolari del Maggio, come aveva puntualmente evidenziato Romolo Fioroni nel suo intervento al Convegno dedicato al 500° anniversario dell’Ariosto, “Filoni ariosteschi nel “Maggio” dell’Appennino”: “Il poema dell'Ariosto, continuando la felice innovazione del Boiardo, il quale già aveva attuato la fusione del ciclo carolingio con quello brè­tone, raccoglie tutti, si può dire, gli elementi della tradizione e della poesia cavalleresca.
Così i personaggi sono ancora quelli, già tanto noti e cari al popolo italiano, del ciclo carolingio, come Carlo Magno, Orlando, Rinaldo, Astol­fo e molti altri, ma lo spirito che li anima è quello cavalleresco d'avven­tura del ciclo brètone, nelle cui leggende l'amore predomina e costi­tuisce il movente principale di ogni impresa.
E' quindi naturale che il « maggio » in generale, e più in partico­lare quello dell'Appennino emiliano, si sia alimentato anche al nuovo importante filone costituito dall'« Orlando Furioso ».
Avendo, infatti, l'Ariosto saputo riprendere della cavalleria lo spi­rito e la forma, la sua opera ha fatto breccia nel cuore del popolo che, a suo modo, l'ha gustata, fatta sua e riproposta a se stesso, come pub­blico, nelle forme e secondo le regole che la tradizione consente.
Nessuno di noi, evidentemente, può oggi capire un « maggio » (l'ho già affermato anche in altra occasione), senza la cavalleria, perché l'anima del poema cavalleresco è così profondamente penetrata nel cuore e nella fantasia del popolo da contaminarne ogni argomento e fonte.
L' « Orlando Furioso », perciò, è stato il poema a cui ogni autore di « maggi » si è riferito, nel momento stesso in cui si accingeva a proporre al suo pubblico una particolare vicenda; ha certamente rappre­sentato il momento di partenza per la scoperta di un particolare mondo”.




Ivana Monti, l’Ariosto e il Maggio a
“L’Orecchio del Sabato"


In occasione del 540° anniversario della nascita di Ludovico Ariosto, Ivana Monti con la sua recitazione poetica, ha guidato il percorso tra i versi dell’”Orlando Furioso” e le quartine e le ottave  del Maggio interpretate dai cantori della “Società del Maggio Costabonese”.


Il 29 marzo 2014 è iniziata l'edizione speciale de " L'orecchio del sabato”proposto dalla Biblioteca "A. Gentilucci" dell'Istituto Superiore di Studi Musicali "Peri - Merulo" di Reggio Emilia, nel consueto appuntamento del sabato alle 17,30.
"L'Orecchio del sabato", a cura di Monica Boni della Biblioteca “Gentilucci”, non è solo ascolto di opere musicali e vocali con esibizioni e virtuosismi di solisti, ma anche proposta di riflessioni, spesso intriganti e nuove, su differenti modi di conoscere la musica, come annunciava i programmi del 2012 ("Immagini del/dal suono") e dello scorso anno ("La musica tra oralità e scrittura: scambi, rapporti, contaminazioni") insieme ad eventi musicali dei quali sono protagonisti gli stessi studenti dell’Istituto.
A volte vengono proposti anche ascolti musicali che superano i confini del classico per
confrontarsi con la cultura popolare, in particolare con alcune forme dello spettacolo come
è stato nel 2013 scorso con gli interpreti del Maggio drammatico della montagna modenese, in un confronto con la musica colta di Sigismondo d'India su testi di Torquato Tasso, nell’interpretazione di Monica Piccinini (soprano) e Ioana Carauso (clavicembalo).
L'anno dopo, in occasione del 540° anniversario della nascita di Ludovico Ariosto, è stato proposto un confronto tra la poesia delle ottave dell"Orlando Furioso"e quella delle quartine e delle ottave di uno degli autori del Maggio che hanno tratto ispirazione dalle vicende dei personaggi della letteratura cavalleresca dei secoli scorsi: Stefano Fioroni (1862-1940) di Costabona di Villa Minozzo, nonno di Romolo.
***
«Il Maggio è un'antica usanza popolare della gente dell'Appennino Tosco-emiliano, nel quale si rappresentano fatti storici o immaginari a sfondo cavalleresco e dove, come in qualsiasi altro spettacolo gradito al pubblico, il Bene finisce col trionfare sul Male». In questa breve sintesi di un autore di Maggi, Teobaldo Costi, è racchiusa l'essenza del Maggio, le cui origini si perdono nel tempo.
Nato in Toscana e valicato l'Appennino, il Maggio si diffuse nelle valli più alte del Reggiano e del Modenese. Originato dalle antiche feste pagane della primavera, il Maggio drammatico consiste nella rappresentazione scenica, recitata e cantata, di un testo poetico opera di poeti popolari. Questi poeti attingevano i soggetti delle loro opere dalle vicende cavalleresche e leggendarie contenute, dopo la prima esperienza letteraria del Pulci, nell’Orlando Furioso dell'Ariosto,nell'Orlando Innamorato del Balordo e nella Gerusalemme Liberata del Tasso, ma anche dai fatti straordinari narrati da predicatori e cantastorie.
Fonte di leggenda furono le gesta dei crociati, così come le guerre del lungo regno carolingio tramandate dapprima oralmente nei cicli narrativi delle chanson de geste (materia di Francia) e di re Artù (materia di Bretagna). Pellegrini e giullari ne portarono l'eco nel e corti; cantimpanca e menestrelli nelle piazze e nelle stalle, dove i valligiani trascorrevano le lunghe sere invernali.
La rappresentazione del Maggio si svolge all'aperto, durante l'estate e la musica accompagna l'intero svolgimento dello spettacolo che un tempo occupava quasi l'intero pomeriggio ed oggi è contenuto nell'ambito di due ore. Lo spettacolo del Maggio utilizza testi composti esclusivamente di "quartine", sestine', "ottave" e "sonetti" ed è tutto cantato (dalla prima parola all'ultima) dai diversi interpreti chiamati maggiarini in Emilia e maggianti in Toscana. La parte vocale è quella più propriamente narrativa. Un'orchestrina (di solito violino, fisarmonica e chitarra) consente di mantenere una tonalità unica dal principio dello spettacolo alla fine, intervenendo tra una strofa e l'altra con motivi tradizionali o con brani moderni Valzer, mazurkee polke) aggiunti nell'Ottocento in omaggio al Melodramma. Gli stacchi strumentali accompagnano l'entrata in scena degli attori, sottolineano i momenti salienti e di maggiorpathos del dramma e introducono la festa che conclude la rappresentazione sotto forma di coro. Un suggeritore segue i maggiarini in scena per aiutarli a ricordare il testo, i movimenti scenici e per dare indicazioni musicali ai suonatori.
Romolo fioroni (1928-2010), scomparso quattro anni fa, appartiene a una famiglia legata alla tradizione, che da diverse generazioni assicura la continuità del Maggio, a partire dal capostipite Stefano (1862-1940) continuata sia pure per breve tempo dal figlio Prospero scomparso durante i combattimenti della Seconda Guerra Mondiale. “Il primo ricordo del Maggio - racconta suo figlio Romolo - risale al 1936-37, e fu, credo, una delle ultime rappresentazioni che si tennero alla Carbonaia, prima della guerra '40-'45». La prima partecipazione di Romolo a/Maggio, come autore e regista, insieme ai fratelli e agli altri maggiarini di Costabona, risale alla metà anni '40, con alcune rappresentazioni e dal 1962, quando fu costituita la Società de/Maggio costabonese, la cui attività continua tuttora.
Oltre che autore di Maggi, Romolo è stato uno studioso e giornalista, impegnato per la conoscenza e la diffusione di questa forma di tradizione popolare. A un suo saggio "Filoni ariosteschi nel Maggio dell'Appennino” si è rifatto Giorgio Vezzani per l'ideazione di questa proposta di oggi, nella quale verranno poste a confronto la poesia dell'Ariosto e la trasposizione popolare dell'episodio contenuto nel Canto V del Furioso, ad opera di Stefano Fioroni, nonno di Romolo, autore del Maggio Ginevra di Scozia.
Ivana Monti


Le manifestazioni di benvenuto alla primavera, anche se oggi ridotte a piccole isole arcaiche, hanno notevole importanza nella storia della cultura del mondo popolare. Alcune di queste superstiti manifestazioni rituali si svolgono nel mese di maggio e si identificano in un corteo processionale: si tratta del Maggio lirico, sacro o profano a seconda delle sue finalità (offerte per ricordare i defunti o doni e cibi per una festa). Anticamente appartenevano a queste celebrazioni anche le rappresentazioni del Maggio drammatico che nel corso dei secoli hanno mantenuto solo una loro precisa caratteristica (propria anche delle sacre rappresentazioni) per proporsi come un vero e proprio spettacolo teatrale all'aperto. Oggi il teatro popolare del Maggio non è una banale rievocazione folkloristica, ma un’espressività popolare che mantiene la sua continuità e validità culturale grazie all’impegno di nuovi autori e interpreti e al consenso che trova presso il suo pubblico, in un territorio che, da sempre, è la sua sede naturale, collocato nell'Appennino tosco-emiliano.
Un tempo si era soliti considerare la stagione del Maggio limitata al periodo estivo, nella scenografia naturale delle radure tra i boschi o nella piazza del paese. E' certamente questa la sede ideale per il suo pubblico attento e fedele, che però ha visto anche la presenza e l’interesse, dopo la ripresa avvenuta nella metà del secolo scorso, da parte di studiosi, ricercatori e studenti per le loro tesi di laurea.
Nel 1966 l'Istituto De Martino svolse una ricerca sul Maggio tra le compagnie attive nelle province di Reggio Emilia e Modena, pubblicando un volume e due dischi.   (1) In quell'occasione, Gianni Bosio considerò il Maggio una forma di teatro talmente radicato alla sua sede naturale da ritenere impossibile la sua esistenza in altri contesti. Una tesi opposta fu invece sostenuta da Alberto Maria Cirese in un convegno del 1978 (2) dove affermava che i maggi "non si possono conservare in vitro e fare delle riserve indiane: mettiamo un recinto intorno, loro continuano e noi da turisti andiamo a guardare".
Della stessa opinione erano anche Roberto Leydi e Diego Carpitella che introducendo il programma di sala dello spettacolo allestito nel 1967 al Teatro Lirico di Milano, "Sentite buona gente, rappresentazione di canti, balli e spettacoli popolari" affermavano: "E' un errore diffuso e grave pensare al patrimonio comunicativo del mondo popolare come a una manifestazione statica, affondata nella "notte dei tempi" e immobile secondo arcaici modelli. La comunicazione popolare è fatto dinamico, in continua trasformazione secondo un moto più o meno veloce. Ciò che conta è che le modificazioni (necessarie, anzi indispensabili per assicurare l'aderenza alla realtà che muta e garantire il consenso dei pubblico locale e quindi la sopravvivenza reale della tradizione come evento sempre contemporaneo) si determinano all'interno del contesto tradizionale, secondo scelte che si verificano nella mentalità, o meglio nella cultura, dei realizzatori e dei consumatori".
Queste intuizioni, espresse a poco meno di dieci anni dalla ripresa del Maggio hanno puntualmente trovato una verifica attraverso la storia di alcune compagnie, come quella di Costabona, che hanno proposto i loro spettacoli anche in occasione di rassegne teatrali, dove hanno potuto esprimere l'essenza del Maggio senza dover accettare compromessi o modifiche sostanziali dell'impianto scenico. Anche Romolo Fioroni fu favorevole a portare il Maggio in rassegne teatrali che sapessero ospitarne le rappresentazioni senza snaturarne la sua matrice originale. La presenza della compagnia costabonese in rassegne teatrali ha inizio nel 1973. (3)
La partecipazione al lavoro di documentazione e valorizzazione del Maggio svolto da Romolo Fioroni nel corso di tanti anni, mi ha permesso di pensare a una possibile affinità con l'opera lirica, nella sua versione concertistica. Gli avevo espresso il un mio desiderio di vedere un confronto tra un componimento maggistico e un'opera di Claudio Monteverdi, "Il combattimento di Tancredi e Clorinda", nella dimensione del "Maggio in forma di concerto", ma la sua scomparsa non ha permesso tutto questo. Recentemente avevo pensato che questa muova forma di spettacolo sarebbe stata gradita al pubblico dei “passionisti” per la possibilità di riascoltare quartine e ottave dei Maggi più famosi durante il periodo invernale, quando nei piccoli teatri di montagna un tempo si poteva assistere alle recite di commedie e farse dialettali. A dire il vero questa idea non ebbe nessun interesse nei maggerini che avrebbero dovuto esserne i protagonisti.
Ringrazio “L’Orecchio del Sabato”che quest’anno, proponendo la lettura ariostesca sulla base del saggio di Romolo Fioroni, “Filoni ariosteschi nel Maggio dell’Appennino” (4), scritto in occasione del 500° anniversario della nascita dell’Ariosto, rende omaggio a Romolo e a tutti gli amici di Costabona per la passione e l’impegno per la continuità del Maggio nella nostra montagna.
Quest'anno il confronto tra colto e popolare si è svolto in un contesto poetico, in occasione del 540° anniversario della nascita di Ludovico Ariosto, ed è stato anche un incontro di voci e di poeti. Le voci erano quelle di Ivana Monti, che ci ha guidato in questo viaggio attraverso i secoli e le ottave dell"Orlando Furioso", e quelle dei maggerini della “Società del Maggio Costabonese” che hanno interpretato alcuni brani del Maggio "Ginevra di Scozia" di Stefano Fioroni, nonno di Romolo. Sono intervenuti, a rappresentare i personaggi più importanti del componimento ispirato all’Ariosto, Daniele Monti (Ariodante eRinaldo), Aurelio Corsini (Polinesso), Sauro Costi (Lurcanio), Lorenzo Fioroni (Re Carlo), Caterina Bonicelli Fioroni (Ginevra), Giuseppe Fioroni (Eremita), con l’accompagnamento musicale di Paolo Simonazzi (fisarmonica) ed Emanuele Reverberi (violino).
                                                                                                                 Giorgio Vezzani


Fotografie di Silvia Perucchetti (Biblioteca “Gentilucci”)
Note
1) Gianni Bosio, “I Maggi della Bismantova (1966). Scheda della campagna di ricerca in “I Maggi della Bismantova. Estate 1966. Strumenti lavoro/Archivi della comunicazione di massa e di classe, vol. 6, pp. 5-15
2) Convegno “Il Maggio drammatico nell’area Tosco – Emiiana”, Buti e Pisa, 23-28 maggio 1978.
3) Alcune rassegne di teatro con la presenza della compagnia di Costabona: “I giovani per i giovani”, Chieri (Torino), 1973; Torrechiara (Parma), “Festival Teatro Universitario”, 1973; stagione 1982-83, Parma, “Teatro Due”.
4) R. Fioroni, Filoni ariosteschi nel “Maggio” dell’Appennino, estratto dal “Bollettino Storico
Reggiano”, Reggio Emilia a. VII, Giugno 1974, Fascicolo n. 25.


Ivana Monti
Monica Boni

Daniele Monti ( a sin. Ariodante) Aurelio Corsini (Polinesso)
Giuseppe Fioroni ( Eremita) Daniele Monti ( Rinaldo)
Daniele Monti ( Ariodante) e Caterina Bonicelli Fioroni (Ginevra)
Sauro Costi ( a sin. Lurcanio) e Lorenzo Fioroni ( Re Carlo)
Emanuele Reverberi ( violino) Paolo Simonazzi (fisarmonica)
Ivana Monti e i maggerini della "Società del Maggio Costabonese"


                                                                     
                                                

                            
                                                                                               IVANA MONTI

Nasce artisticamente al Piccolo Teatro di Milano con il grande regista Giorgio Strehler che la dirige al suo debutto ne "I Giganti della Montagna” di Pirandello (1966) e nel "Re Lear" di Shakespeare (1972).
Attrice di teatro, cinema, televisione, sperimenta e approfondisce le varie espressioni teatrali, dalla Tragedia alla Commedia Brilllante, al Comico al Grottesco.
Lavora con i grandi Maestri del Comico: Eduardo De Filippo, Dario Fo, Franca Rame, Walter Chiari...
Riporta a grande successo la Commedia Brillante nel lungo sodalizio con Andrea Giordana e Giampiero Bianchi : "Tovaritch" di Devall (1986), "Due dozzine di rose scarlatte” di De Benedetti ... ma anche "Tradimenti" di Pinter, regìa di Calenda.
Ancora di Pinter "Il ritorno a casa " con Bonacelli, regia De Monticelli (1999) e "Il calapranzi" con L.Costa (2008).
Porta in scena Autori contemporanei italiani : Testori, Manfridi, Puppa, Bassetti, Franco Branciaroli (“Lo zio”, 2005) PIA FONTANA (“Eclisse totale”, 2013) ma anche "Indovina chi viene a cena " di Rose con G.D'Angelo regia R.Gastaldi.
Collabora a lungo con il teatro Franco Parenti dove, per la regia di Andrée Ruth Shammah porta in scena Dacia Maraini (“La terza moglie di Mayer”), Massimo Sgorbani (“Le cose sottili nell’aria”, 2010), Antonio Tarantino (“Esequie solenni”, 2013),senza dimenticare il grande Goldoni del "Sior Todero brontolon" accanto a Eros Pagni (1999 - 2002).
Ritorna alla Tragedia a Siracusa come Clitemnestra in "Coefore" di Eschilo, regia di Pressburger (1996) e “Nei teatri di pietra ," come Ecuba in " Troiane" di Euripide, regìa di Magnano S.Lio (2010) e poi di Seneca, regìa G.Emiliani (2011- 12).
Dal 2010 è entrata a far parte della "Nuova Compagnia Molière " dell'attore - Impresario Rosario Coppolino, che ha creduto e portato a grande successo le riscritture sceniche de "L’innocente" da D'Annunzio e di "Elephant Man " da F.Treves dell'Autore-regista Giancarlo Marinelli.
Partecipa a sceneggiati televisivi di successo, ultimi in ordine di tempo "Distretto di polizia" e "Storia di Laura" con Isabella Ferrari e "Incantesimo".
Nel 1996, alla scomparsa del marito, il grande giornalista Andrea Barbato, che le chiedeva di essere non solo attrice di repertorio ma anche "Testimone del suo tempo” ", Ivana Monti affronta la scrittura teatrale sotto forma di ricerca storica a profilo femminile con puntuale inserimento di canto popolare.
Preziosa testimonianza è oggi la sua trilogia: "Mia cara madre” (Storia d'Italia in lettere da una figlia alla madre, con canti popolari e di guerra, dalla Grande Guerra alla Liberazione 1945"), “Maria Goia e il delitto Matteotti " ( Lotte sociali e avvento del fascismo 1878- 1924 con canti di lavoro e di protesta), "Donne e musiche del Risorgimento " ( speranze e delusioni delle coraggiose donne italiane del Risorgimento, con musiche operistiche e canto popolare).
Oggi si dedica con successo a nuove ricerche su Inquisizione e Processi di Stregoneria.


La "Società del Maggio Costabonese" e il Maggio
"Ginevra di Scozia"


Nella sua storia, che continua ininterrottamente da oltre cinquant’anni, la compagnia costabonese ha rappresentato quattro volte il componimento di Stefano Fioroni: nel 1965, nel 1974-75 e nel 1988. In queste immagini ricordiamo i maggerini che nel corso degli hanno interpretato i personaggi principali “Ginevra di Scozia”: Ariodante, Ginevra,Lurcanio, Polinesso, Re Carlo, Rinaldo, Dalinda e quello dell’Eremita.
Stefano Fioroni 1862-1940 (Archivio Romolo Fioroni)
Vito Bonicelli ( Re Carlo 1965, 1974-75)

Livio Bonicelli ( Eremita 1965, 1974-75) con Romolo Fioroni
Germana Damiani Chiari ( Ginevra 1965)

Paola Bonicelli ( Dalinda 1965)
Armido Monti ( Lurcanio 1965 Ariodante 1974-75)

G.Prospero Bonicelli ( Ariodante 1965, Lurcanio 1974-75)
Oreste Bonicelli ( Polinesso 1965)

Giuseppe Corsini ( Rinaldo 1965, Polinesso 1974-75)
Natale Costaboni ( Rinaldo 1974-75)

Antonietta Costi ( Dalinda 1975)
Vanna Costi Checchelani (Dalinda 1988)

Caterina Bonicelli Fioroni ( Ginevra 1974-75,1988)


Archivio Giorgio Vezzani/ Il Cantastorie



                                                      Cantare il Maggio in città


La conclusione della celebrazione del 540° anniversario della nascita di Ludovico Ariosto proposta dall’Istituto Superiore di Studi Musicali “Peri Merulo” di Reggio Emilia e Castelnuovo ne’ Monti si è svolta la sera del 21 giugno nell’Ostello della Ghiara con la rappresentazione a cura di Marco Piacentini della Compagnia “Val Dolo” di Romanoro (Modena) con estratti del Maggio “Rodomonte” composto da un autore anonimo dell’Ottocento ispirato dalla poesia ariostesca.
In occasione di uno dei mie primi incontri a Milano Roberto Leydi mi propose di fare una serie di interviste ai maggerini di Costabona con una scheda introduttiva del paese. Il lavoro fu pubblicato sulla rivista di cultura contemporanea "Marca­trè", n. 34/35/36 del dicembre 1967.
Nell'introduzione alle mie interviste, "Alla ricerca delle scholae cantorum del mondo popolare", Ro­berto Leydi ricordava l'esperienza della preparazione, insieme a Diego Carpitella, dello spettacolo allestito all'inizio del '67 al Teatro Lirico di Milano, "Sentite buona gente, rappresentazione di canti, balli e spettacoli popolari". In quell'incontro veniva evidenziata, accanto alla figura del­l'informatore cosiddetto "spontaneo" (che possiede un ricco patrimonio di canti), quella dell'informa­tore "cosciente", protagonista attivo della tradizione, non consumatore ma creatore e continuatore della stessa.
Affermava inoltre Leydi: "E' un errore diffuso e grave pensare al patrimonio comunicati­vo del mondo popolare come a una manifestazione statica, affondata nella "notte dei tempi" e immo­bile secondo arcaici modelli. La comunicazione popolare è fatto dinamico, in continua trasformazione secondo un moto più o meno veloce. Ciò che conta è che le modificazioni (necessarie, anzi indispen­sabili per assicurare l'aderenza alla realtà che muta e garantire il consenso del pubblico locale e quindi la sopravvivenza reale della tradizione come evento sempre contemporaneo) si determinano all'inter­no del contesto tradizionale, secondo scelte che si verificano nella mentalità, o meglio nella cultura, dei realizzatori e dei consumatori".
Queste intuizioni, espresse a poco meno di dieci anni dalla ripresa del Maggio nella montagna reggia­na e modenese, dopo il secondo dopoguerra del secolo scorso, hanno puntualmente trovato una verifi­ca attraverso la storia delle compagnie di Costabona e di Asta, che hanno proposto i loro spet­tacoli anche in occasione di rassegne teatrali, dove hanno potuto esprimere l'essenza del Maggio senza dover accettare compromessi o modifiche sostanziali dell'impianto scenico.
Anche il Maggio, infatti, come ogni tradizione, ha bisogno di adeguarsi alla realtà dei tempi, senza modificare la propria essenza, così come certe velleitarie ripro­poste filologiche non contribuiscono alla sua continuità.
La scelta di concludere le celebrazioni ariostesche ai Chiostri reggiani (dove, tra l’altro, in diverse occasioni, si sono svolte fantasiose invenzioni barbariche poetico - equestri, non certo a ingresso libero come per il Maggio) è stata decisamente infelice. Una situazione precaria per la scarsa illuminazione e in un’area condivisa con una cena all’aperto che ha evidenziato, ancora una volta, che la scena ideale della rappresentazione maggistica è una radura all’aperto, nel verde, con il sole e il calore dei “passionisti” di questa forma di teatro popolare di cui, purtroppo, molti non si rendono conto del suo elevato valore culturale in tempi che oggi privilegiano situazioni di spettacolo improvvisato o alla ricerca di rievocazioni storiche sullo sfondo delle feste di paese.
Le compagnie reggiane nel corso delle loro decennali stagioni hanno potuto verificare che il Maggio si può cantare anche in città ma in situazioni che ne rispettino soprattutto la sua essenza teatrale: questo si è puntualmente verificato in occasione di rappresentazioni oltre che in teatri come il “Teatro Due” di Parma, anche in situazioni culturali diverse come a Palermo, con il Museo Internazionale delle Marionette Antonio Pasqualino
La realtà reggiana ha offerto fino ad oggi spazi non adeguati come Villa Cougnet (per Asta) o il Parco del Popolo (per Costabona). Nel passato la Rassegna del Maggio era stata presentata, insieme ad altre iniziative della Provincia, al Teatro Municipale Valli.
E’ proprio impossibile pensare a una presentazione della prossima stagione sul palco del nostro più importante Teatro, con il canto del Paggio che annuncia la trama dei Maggi che le compagnie reggiane offriranno al pubblico nelle loro sedi naturali?
Concludiamo queste note proponendo un articolo pubblicato nel 1946 dal quotidiano “Reggio Democratica” che annunciava uno spettacolo al Cinema Lux. Purtroppo non abbiamo potuto trovare conferma dell’avvenuta rappresentazione.
                                                                                                      g.v.








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