Alcuni buoni "motivi" - Quello del Cantastorie

Quello del Cantastorie
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Alcuni buoni "motivi"

IL GIORNO DI GIOVANNA
Verso il 25° anniversario de “Il Giorno di Giovanna

Alcuni buoni “motivi”
per la continuità della tradizione musicale dei cantastorie


Negli anni recenti i temi musicali dei testi presentati al concorso intitolato a Giovanna Daffini hanno abbandonato, per vari motivi, le musiche tradizionali alle quali i cantastorie affidavano i loro componimenti:  grazie alle moderne tecnologie della riproduzione discografica e dell’avvento dell’etnomusicologia abbiamo potuto conoscere e documentare le musiche che nella seconda metà del secolo scorso facevano parte del repertorio dei cantastorie.
Certamente  la rassegna di Motteggiana ha svolto un’efficace opera di  documentazione e impegno per la continuità della tradizione dei cantastorie attraverso la partecipazione di interpreti che spesso proponevano anche nuove musiche legate soprattutto ai loro personali repertori di “nuovi”  cantastorie abbandonando i “vecchi” motivi della tradizione.
Il Bando specifica che il “concorso è aperto a tutti i cantastorie e anche agli autori inquadrabili nel repertorio dei cantastorie. In verità, nel corso degli anni, per diverse ragioni,  oltre alla scomparsa degli “antichi” cantastorie e alla mancanza dei luoghi consueti dello spettacolo dei cantori ambulanti e per il disinteresse delle istituzioni pubbliche (unica rassegna esistente è quella di Santarcangelo di Romagna) è stato difficile ascoltare le consuete musiche proprie del repertorio tradizionale.
Stanno emergendo cantanti della musica leggera, impegnati in spettacoli teatrali che propongono ricostruzioni di fatti, personaggi, avvenimenti , ma anche la sperimentazione sembra ignorare i motivi musicali della tradizione dei cantastorie.
La serie di trascrizioni musicali che presentiamo è anche un invito a quanti sono interessati a  partecipare a pensare a questi esempi musicali che, insieme ai testi, qualunque sia il risultato del concorso, possono sempre contribuire ad allargare il loro repertorio.

Abbiamo raccolto alcune trascrizioni musicali  di motivi usati dai cantastorie degli ultimi decenni, anche alcuni brani delle interviste di Francesco Guccini con alcuni cantastorie che riguardano le musiche che, insieme ai testi, facevano parte integrante delle loro esibizioni.

Brani registrati a San Martino in Rio (Reggio Emilia), 28-5-1982

1.Brano strumentale: ocarina (Marino Piazza), chitarra (Gianni Molinari), fisarmonica (Dina Boldrini), putipù (Giovanni Parenti)



2. La canzone dell’8 marzo, di Dina Boldrini, fisarmonica e canto


I
Questa canzone canto
con tanta cordialità
la festa della donna
è l’8 Marzo si sa.
Noi stiamo sempre uniti
in tutto il mondo vogliam
pace, lavoro e libertà
per tutta l’umanità.

Ritornello
E’ l’Otto Marzo
festeggiamolo insieme così
noi donne unite
vogliam dire ai capi così
mai più guerre
solo pace lavor libertà
i nostri figli
un dì lor diran
in pace coi popoli noi siam.

II
Perché su questa terra
odio dobbiam crear
siamo tutti fratelli
noi ci dobbiam amar.
Specie noi buone mamme
sappiamo quale dolor
ci vuol vent’anni
allevar un figliol
carne non più da cannon.

Ritornello
E’ l’Otto Marzo
festeggiamolo insieme così
noi donne unite
vogliam dire ai capi così
mai più guerre
solo pace lavor libertà.
I nostri figli
Un dì lor diran
in pace coi popoli noi siam

3. La creazione del mondo, canzone da “macchiettisti” d’avanspettacolo, eseguita da Giovanni Parenti (voce e fisarmonica)



La creazione del mondo, parole di G. P. (detto Padella)

I PARTE
Il buon Dio che avea creato
l’uccelletto, il mare, il prato
piantò l’albero e il pomo
e poi disse avrà quell’uomo
Presso a un tino s’appressò
e  l’uomo incominciò.

RITORNELLO
Prese la lingua di un pappagallo
e poi l’alterigia di un grosso gallo
poi dal leone la prepotenza
poi dal somaro la sentenza
vi mise pure senza volere
le penne, il becco d’un grosso merlo
i  versi e i modi li prese dall’orco
molte altre le cose dal porco.
Mesta mesta, gira gira
per tre notti e per tre dì
e l’uomo presto si.
Disse Adamo è una cuccagna
ma però senza compagna
io m’annoio mortalmente
oh buon Dio immantinente
e  nel tino si appressò
e la donna incominciò.

RITORNELLO
Prese la lingua di un pappagallo
e poi l’alterigia di un grosso gallo
poi dal leone la prepotenza
poi dal somaro la sentenza
vi mise pure senza volere
le penne, il becco d’un grosso merlo
i versi e i modi lo prese dall’orco
molte altre le cose dal porco.
Mesta mesta, gira gira, ecc. ecc.



4. La moglie comunista e il marito democristiano
di Lorenzo De Antiquis, motivo “Paraponzi”
Marino Piazza e Dina Boldrini

Due sposi fan questione
a cagion dell’opinione
lei è rossa a tutto spiano
lui invece è democristiano.
(daghela biondina, daghela ben bondà)

Dopo il diciotto aprile
questa sposa con ardore
per potersi vendicare
si è messa a scioperare.

Quando erano a letto
lei diceva al poveretto
per la destra  hai votato
ora stai disoccupato.

Il marito democristiano
allungava una mano
lei però con un doppietto
l’ha buttato giù dal letto.

Lui diceva: “Ma Fernanda
se accetti la domanda
te lo giuro son pentito
voglio entrar nel tuto partito”.

Lei allora l’ha baciato
e più forte l’ha abbracciato
“Entra pure mio tesoro
nella camera del lavoro”.

Or non fanno più questione
per la socializzazione
lavoran tutti e due con passione
per aumentar la produzione.




5. Valzer dei cantastorie, di Giuliano Piazza
Dina Boldrini (fisarmonica), Gianni Molinari (chitarra)




6. Polka Marcellina, di Giuliano Piazza
Marino Piazza (ocarina)


Bologna, 30-6-1974, Sagra Nazionale dei Cantastorie



7. Il caso Murri, di Lorenzo De Antiquis e Marino Piazza
motivo di “Caserio”,  canto Antonio Scandellari

Nel novecentodue
Bologna in via Mazzini
viene trovato morto
il conte Bonmartini
venti settembre era quel dì
il “Caso Murri” cominciò così.

Si apriva allor l’inchiesta
giudici e inquirenti                                                     
scoprire gli assassini                                                                                                                              
il complice e i moventi.
Fra maldicenza e realtà
mentre si cerca la verità.

Il conte Bonmartini
come uno scapolone
aveva molte donne
sua disposizione.
Ricevimenti in società
appuntamenti di qua e di là…

La moglie Linda Murri
figlia del gran dottore
era una donna strana
con un segreto in cuore.
Sempre al suo conto gran chiacchierone
mentre lo scandalo sta per scoppiar.

Intanto Tullio Murri
valente avvocato
con la sorella Linda
in Svizzera locato,
scrive una lettera: “Caro papà
ti debbo dire la verità…”

il Professore Murri
sconvolto e addolorato,
la confession del figlio
denncia al Magistrato.
Tutta Bologna è in confusion
il nome “Murri” in mezzo al ciclon.

Trent’anni a Tullio Murri,
a Naldi altri trenta,
Linda, piangente, sviene
smarrita e sgomenta
viene a lei [dieci anni] e all’amante dottor
sette a Rosetta schiava d’amor…

Finito il gtran processo
si chiudano le porte,
per cinque la galera,
per il conte la morte.
Questa tragedia si può chiamar
passione e amore, sangue e danar.

Il professore Murri,
offeso ed avvilito,
scienziato e gentiluomo
veniva anche colpito
nei suoi ideali di libertà
dagli avversar senza pietà…

Bologna in tutta Italia
si forman due correnti,
una parteggia per Murri
e l’altra i maldicenti.
Ma il grande Murri, benefattor,
alla famiglia ridiè l’onor…



Reggio Emilia, marzo 1964

8. Albenga. La tragica gita, di Giuseppe Bracali
Motivo dei cantastorie “in quattro” o “del fatto”

Sul bellissimo mare d’Albenga
un naviglio solcava quell’onde
molti bimbi in risate gioconde
trascorrevano lieti quel dì.

Alzano cori con voci argentine
quei fanciulli son tutti contenti
fanno a gara passar quei momenti
che felici al momento li fa.

La distesa del mare azzurrino
è uno specchio baciato dal sole
e nessuno pensare non vuole
la sventura che deve accadere.

Ad un tratto quel canto si spegne
son rimasti quei bimbi atterriti
sol dei gridi angosciati, infiniti,
da quei piccoli petti si dan.

Ha battuto la piccola nave
contro un palo che più non si vede
e una falla così le succede
fin che l’acqua li puol penetrar.

Quei bambini vedendo affondare
dentro al mare quell’imbarcazione
gridavano tutti con forte emozione
“Mamma mamma… salvami tu”.

Nel trambusto e in tal confusion
marinari si fanno coraggio
e si danno così al salvataggio
con gran lena  che onore gli fa.

Ma purtroppo di molti bambini
son travolti e ben presto affogati,
i destini per loro spietati
han voluto la morte coprir.

Tutta Albenga a ferale notizia
abbrunò le nostre bandiere
e poi corse piangendo a vedere
quelle piccole  salme colà.

Nel veder quei bimbi distesi
nella stanza della “Croce Bianca”
a chi passa il fiao gli manca
e le lacrime agli occhi le vien.

Ma lo strazio è più grande e infinito
quando arrivano i genitori da fuori
mai descriver possiamo i dolori
di una mamma che vita gli diè.

Una vede il suo piccolo bimbo
lì disteso, col viso di cera
e lo chiama e ancora lei spera
di poterlo in sua vita tornar.

Dalle viscere loro son nati
e ora vedon la gelida morte
mai credevan alla crudel sorte
di vedersi  quei figli rapir.

Pur chi aveva  un cuore di pietra
han dovuto colà lacrimare,
mentre attorno sentiva gridare
“Figlio mio, sei sparito da me!”

Nelle piccole mani ha ogni bimbo
un’immagine che tiene ed un fiore
che gli han messo con giusto dolore
chi per loro ha avuto pietà.

Poi racchiusi in piccole bare
contornati da mille ghirlande
l’accompagno sincero e sì grande
il cordoglio gli vuole  portar.

Dopo Albenga la grande Milano
han provato un profondo dolore
e all’esequie dei bimbi ha nel cuore
na pena che mai scorderà.

Sulle tombe di quegli innocenti
pregheranno le madri ogni sera,
recitando una mesta preghiera
per il figlio che presto morì.


Trascrizioni di Giorgio Vacchi
(da G. P. Borghi, G. Vezzani, C’era una volta un “treppo”. Cantastorie e poeti popolari in Italia settentrionale dalla fine dell’Ottocento agli anni Ottanta, vol. I, Bologna, 1988, pp. 229-238



Monticelli d’Ongina (PC), 26-7-1964, Sagra Nazionale Cantastorie

1.La sposa fedele, di Adriano Callegari
Edoardo Adorassi e Mario Callegari (canto e fisarmonica), Angelo Brivio (batteria)

Moglie di un cieco di guerra che si rifiuta di amoreggiare col cognato il quale per vendetta tenta di ucciderla ma viene salvata miracolosamente da Santa Rita da Cascia

Nel gran centro di  un grosso paese
tale Oscar Bistagno abitava
con la moglie che Pia si chiamava
e la figlia in piccola età.

Per la guerra un giorno partiva…
però cieco costui ritornava:
la famiglia lui sempre adorava
ascoltate quel che capitò.

Religioso era molto devoto
Santa Rita ogni giorno pregava
e sul petto una collana portava
mentre un’altra alla figlia donò.

Lor vivevan in tanta miseria
e la moglie al lavoro andava
mentre la figlia a scuola studiava
ma lui cieco li stava aspettar.

Lor vivevan così onestamente
tutti uniti in buona armonia
ma la sorte barbara e ria
quella pace un dì gli annientò.

Pia, la moglie del cieco di guerra
dal cognato venìa tormentata
e più volte l’aveva invitata
a lui ceder il proprio onor.

Le proposte del vile congiunto
quella donna però disprezzava
e fedeele al marito restava
e segreta rimase di ciò.

Il cognato, a tale rifiuto,
con perfidia si vuol vendicare
la nipote andava aspettare
all’uscita di scuola un così.

La piccina che nulla sapeva
sì contenta, felice e beata,
con lo zio si è accompagnata
e una bambola vanno a comprar.

Quando furono soli e lontani
la bambina costui imbavagliava
e fortemente poi la picchiava
per lasciarla svenuta sul suol.

Il brutale prende il corpicino
sulla ferrovia lui lo va a portare
sui binari la viene a posare
a una disgrazia così crederan.

Santa Rita allora appariva
in quel mentre il treno arrivava:
a pochi passi questo fermava
e la bambina si poteva salvar.

I viaggiatori che erano in treno
la piccola hanno aiutata
e subito veniva interrogata
denunciando lo zio sì brutal.

Io carabinieri con grande  premura
quell’infame lor hanno arrestato
che tra poco verrà processato
e niente grazia per lui vi sarà.

Marito e moglie, con la bambina
a Santa Rita si sono recati
a ringraziar chi li ha salvati
da tanto triste e crudele dolor.                                                                    



2. L’affondamento del Mafalda, testo di Domenico Scotuzzi, probabilmente risalente alla data dell’avvenimento (1927) portato sulle piazze da Agostino Callegari (padre di Adriano).






Riproduzione del foglio volante pubblicato ne “Il Corriere d’Informazione” di Milano del 30/31-8-1971.




Forlì, 4-2-1979



3. Mamma perché non torni?, di Adriano Callegari  
Vincenzina Mellina Cavallini (canto) e Angelo Cavallini (fisarmonica)

L’amor di mamma non ha più Renato,
Un brutto male l’ha paralizzato,
Da lungo tempo infermo nel lettino,
Il povero piccino, piccino, piccino.

Il padre prega e invoca la Madonna,
Di ritornare a casa quella donna,
perdona il disonore del casolare,
torna a chi ti vuol baciare, baciare, baciare.

Mammina tu, ritorna a casa ancor,
c’è il bambino che t’aspetta con grande amor.
La mamma non torna, il bimbo muore e dice:
“Mamma perché non torni?”

Passano i giorni e sempre sta aspettare
La mamma sua non vede ritornare
Piange trioppo fotte il suo dolore,
e nella notte muore, lui muore, lui muore.

Il padre allora la madre vuol punire,
la trova e l’uccide all’imbrunire,
l’amante che avete ascoltato
prese per sé Renato, Renato, Renato.

Renato tu, che vivi or lassù
Chiedi il perdono di babbo e mamma
al buon Gesù.

Trascrizioni di Giorgio Vacchi
(da G. P. Borghi, G. Vezzani, C’era una volta un “treppo”. Cantastorie e poeti popolari in Italia settentrionale dalla fine dell’Ottocento agli anni Ottanta, vol. II, Bologna, 1988, pp. 311 e 313



Da G. Piazza, P. Albertini, G. P. Borghi, G. Molinari, “Piazza Marino poeta contadino”, 1995
Trascrizioni musicali di Giuliano Piazza


Musiche usate dai cantastorie emiliani per cantare i fatti



Melodia di Caserio



Paribon-zibon-zibon!



Motivo bon bon



Caterinella



La Tragedia di Casalecchio di Reno
Parole e Musica di Dina Boldrini
(Archivio Famiglia Boldrini Molinari)




(Canzoniere dell’Oroscopo. Valzer Bimba Bruna,  di Lorenzo De Antiquis,  pp.21, nn., s.d.)



                

Francesco Guccini, Lorenzo De Antiquis
(Registrazione raccolta all’”Osteria delle Dame” di Bologna il 13-2-1971,
“Cantastorie in Emilia Romagna”, pp. 51-52, in G. Vezzani, “quellodelcantastorie”, vol. I, Reggio Emilia, 2012
(…)
De Antiquis è un cantastorie che non solo canta, ma che anche compone le canzoni...
-  Be'... adesso, fra questi ci sono anch'io, che da molti anni, anzi, da bambino, cominciai a fare subito delle storie che erano necessarie per il lavoro. Mia mamma si è sposata ancora, mio padrigno era un buon violinista, un buon comico, cantava anche bene ma non aveva l'estro di scrivere, e io all'età di nove-dieci anni scrissi la storia di Landrù, capivo che poteva andare, e poi da quella... anche con poca preparazione culturale perché ho dovuto arran­giarmi a imparare a leggere leggendo le insegne dei negozi dei vari paesi dove andavo... e così ho tirato avanti non a scrivere, a sporcare della carta, ma che a me serve per il lavoro. Adesso per esempio da quando ci sono i dischi, io cerco a ogni storia di darci un motivo nuo­vo, l'avete notato questa sera, ho cantato due o tre storie sempre con motivi nuovi. Perché? Perché adesso si può vendere qualche disco e anche il motivo nuovo può andare. Invece prima quando si vendeva solo la carta il motivo doveva essere sempre quello in modo che chi comprava il foglietto la potesse leggere come la "zirudella ", anche cantare quella storia perché sapeva l'aria.
- Quanti erano all'incirca i motivi su cui cantavate le storie?
-  Eh! È stato un disastro. Abbiamo continuato a cantare, specialmente dal dopoguerra in qua, dei fatti, delle storielle da ridere sempre con tre o quattro motivi, e quello forse credo che è stato il nostro suicidio, perché se noi avessimo rinnovato questo nostro frasario musi­cale, avremmo potuto forse seminar di più anche nei giovani. Invece sempre la stessa aria, "paraponzi ponzi pà ", il motivo "bin-bum-bon", e quella roba lì, "Caterinella"... noi siamo andati avanti vent'anni con quattro o cinque motivi. Però c'è un fatto: cantavamo anche le canzoni cosiddette d'autore, quando non c'erano i transistors e i dischi, eravamo noi che sulle piazze portavamo cantate più male che bene, da cantastorie, il "Violino Tzigano" e tanti altri successi... "Tre"... io mi ricordo queste canzoni, le ho lanciate io in piazza VIII Agosto qui a Bologna, ai tempi che sono uscite, perché l'unico cantante che andava al popolo senza pagare il biglietto d'ingresso eravamo noi.
- Di questi motivi, mi sembra che ci fossero due serie, una per i motivi allegri e una per i motivi "seri", per i "delitti" e cose del genere, quanti erano?
- Ce n'erano soprattutto due, uno che noi lo chiamavamo "in sei ", che era appunto la poesia in sei righe, e uno, il più facile, in quattro righe, che faceva... [canta].
- Quello in quattro; e quello in sei?
- Faceva... qui, ci si è ispirato un poco anche Casadei... [canta].
- Questo motivo, non è chiamato "La Giulia"?
- "La povera Giulia ", esatto.
- E quello di "Caserio"?
- Anche quello di Caserio... [canta].
- Questi motivi li ha già trovati, cioè quando ha cominciato a scrivere le storie c'erano già. E invece quelli delle storie allegre?
- "Caterinella". È quella che un cantastorie milanese Domenico Scotuzzi che merita di essere ricordato, io cerco delle fotografie di questo Scotuzzi ma non riesco a trovarle, lui fece una storiella che è diventata una celebrità in Italia, se ci fossero stati i dischi forse poteva anche guadagnare, quella che faceva: "Tengo una vigna con un bel prato ed un bell'orto già coltivato / raccolgo ceci, agli e fagioli, zucche e patate e cetrioli / molta insalata e pomidori verze e cipolle e cavolfiori..." e poi tante altre cose, e poi diceva: "...e poi un'altra cosa che a dire la verità / soltanto a chi mi sposa gliela farò guardar".
- Questa era di Domenico Scotuzzi?
- No l'autore [del motivo] era, un autore di canzoni di quei tempi che si chiamava... se non sbaglio... non vorrei dire..., probabilmente l'ha scritta un certo De Angelis, e si chiamava "Caterinella"... [canta] ... "Caterinella mia, non ti vedrò mai più". Quello per noi è stato un motivo che è durato... dura ancora adesso, perché anche "Ma guarda che roba!" è sulla metrica di quella li... [canta] ... "...in automobile tutta la gente, c'è chi lavora e chi non fa niente" ... insomma, pur avendo cambiato le note, stiamo sempre su quel binario.
(…)

Francesco Guccini, Boldrini Adelmo e figlia Dina
(da una registrazione del 1972)
“Cantastorie in Emilia Romagna”, pp. 61-62, in G. Vezzani, “quellodelcantastorie”, vol. I, Reggio Emilia, 2012
(…)
[Assieme alla figlia suonano alcuni brani di loro composizione].
B. Noi scrivevamo, oltre a quelle canzoni lì, scrivevamo anche delle parodie, su dei motivi ... io con quella canzone, "Figlia perdonami ", ne abbiamo vendute che quella canzone lì quando la cantava...
Su che motivo era?
B. "Vola colomba ".
Che parodia aveva fatto?
B. Sì, quella parodia lì; è un fatto successo a Piumazzo, che io ho preso lo spunto... le parole ci son state su quel motivo lì e... è proprio di una madre, era un mio amico lui, che gli è morto il marito. Lei non poteva più sopportare questo dolore, insomma, ha scritto un biglietto e ha detto: - Figlia perdonami, vado all'altro mondo per il bene di tuo papà -, insomma: e le parole erano sul motivo di "Vola colomba ".
Quando ha cominciato a scrivere delle storie, per prendere degli spunti, delle idee....?
B. Per prendere le idee stavo attento più che altro a dei fatti successi perché sia quello lì della madre infedele, sia quello lì, sono fatti che sono realtà. Allora io... come ho potuto, ho cercato di ingegnarmi e di fare...
Anche dai giornali?
B. No, niente giornali. Io ascoltavo.., ascoltavo magari il soggetto, dicevo mi va bene quello lì, e quella canzone sul motivo... perché adesso non mi ricordo neanche più...
D.B. Su che motivo era quella lì, papà?
B. "Mondina"!
Che motivo era "Mondina"?
B. II motivo... (canta).
D.B. Quella che c'era sul motivo della mondina, quella lì era una bella canzone, che tutti quelli lì di Milano te l 'han copiata, te le han prese tutte... ti hanno portato via tutte le canzoni. B. Perché vede, adesso non è più come ai nostri tempi, che adesso dicono, tè ti sposi e poi vai fuori, invece una volta, un figlio abbandonare i genitori era un peccato che era un reato dei più grandi se ce n'era; ho fatto proprio sul motivo di "Mondina", "mamma abbandonata... non m'abbandonare... ", non so, adesso non mi ricordo.
Il primo "fatto" che lei ha cantato, su che motivo... su che aria ha messo le parole?
B. Mah?! Quello lì mo', non me lo ricordo. Come `fatto", ... ho fatto solo quello lì come tragedia.
D.B. Aspetta, com 'era pure il fatto?
B. [canta] "Buona gente in silenzio ascoltate, quel che ha fatto una mamma infedele.., aveva una figlia che si chiama Adele... ".
D.B. Ah, così, così, così...
B. E quell'altra che non ricordo, era sul motivo di tutte le mamme, anche questo è un fatto vero, ma son belle sul momento quando si cantano, che la canzone è in voga, perché anche questo qui è... un fatto vero, di due fratelli, uno era vagabondo, e quell'altro invece è rimasto ferito in guerra, insomma è andato in guerra, e quando è venuto a casa, invece di voler bene a quel figlio lì, lo maltrattavano, i soldi li davano a quell'altro... ma era bella, quella canzone lì.
D.B. Com'era?
B. [canta] "O mamma ascoltami, perché non mi vuoi bene ", insomma! Aveva delle parole!... Se son invalido questa è la causa, ho combattuto sul campo d'onor... insomma, al momento d'allora andavano. Una canzone così, una parodia simile, se la cantasse un Claudio Villa, mica per dire ma le parole che c'erano... da piangere. Io è tanto che dico con Piazza, dico: - Guarda, io della Rai non conosco nessuno, ma se facessero una trasmissione di parodie di cantastorie che uno dicesse: io, la mia, ho piacere che la canti quello, quell'altro, io la mia ho piacere che la canti quello là, sarebbe una trasmissione divertente, perché è roba diversa e...- Io, se ci devo andare io no, e anche lei... [la figlia] io non ci vado mica di sicuro.
(…)

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