"Il primo numero" Dall'archivio de "Il Cantastorie" con immagini e documenti inediti - Quello del Cantastorie

Quello del Cantastorie
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"Il primo numero" Dall'archivio de "Il Cantastorie" con immagini e documenti inediti

1963




















Copertine disco  i cantastorie


PRIGIONIERO CHE TORNA DALLA SIBERIA
racconto popolare di ignoto autore (probabilmente Marino Piazza, di Bologna), pubblicato su un foglietto a stampa della Tipografia Nettuno di Bologna, senza data/introdotto dal cantastorie Vittorio Bampa e recitato dalle sue figlie, di Isola della Scala (Verona)
UN PRIGIONIERO CHE TORNA IN PATRIA DOPO QUINDICI ANNI MA VIENE BARBARAMENTE UCCISO E DERUBATO A POCHI CHILOMETRI DA CASA
testo di Marino Piazza di Bologna, pubblicato su un foglio a stampa della Tipografia Arti Veronesi (Bologna) datato 1957/musica tradizionale, la stessa resa famosa dalla ballata di Sante Caserio/eseguito dai cantastorie Mario Bruzzi, di Crespellano (Bologna) e Giuseppe Dian di Fiorano Modenese/accompagnamento di fisarmonica
PREGHIERA A UN ANGELO
testo di ignoto autore/musica tradizionale/eseguito dal cantastorie ASntonio Ferrari, di Pavia/accompagnamento di fisarmonica e saxofono (Adriano Callegari)
MAMMA, PERCHE’ NON TORNI?
testo di Adriano Callegari, di Pavia/musica tradizionale/eseguito da Angelo e Vincenzina Cavallini di Pavia/presentazione di Adriano Callegari/accompa-
gnamento di fisarmonica
CARYL CHESSMAN IL BANDITO SCRITTORE
testo di ignoto autore, pubblicato su foglio a stampa della Tipografia Campi di Foligno, 1960/musica tradizionale/eseguito dal cantastorie Antonio Ferrari, di Pavia/accompagnamento di fisarmonica
ORRENDO DELITTO DI UNA MADRE COLPEVOLE
testo di ignoto autore, pubblicato su un foglio a stampa della Tipografia Campi di Foligno, 20 settembre 1958/musica tradizionale/eseguito dai cantastorie milanesi Giovanni Borlini, Edoardo Adorassi, Berto Sequino e Callegari Mario/
accompagnamento di fisarmonca
ADRIANO CALLEGARI, CANTASTORIE DI PAVIA, RACCONTA I SUOI GUAI E QUELLI DEI SUOI COMPAGNI CON I VIGILI E LA POLIZIA
LE ZITELLE DI GRAZZANO VISCONTI
testo di ignoto autore/musica tradizionale/eseguito dal cantastorie Angelo Brivio, di Milano/accompagnamento di fisarmonica



Collana in collaborazione con il Piccolo Teatro della Città di Milano
a cura di Sergio Balloni & Valerio Riva
Sicilia 1, Music EPM 30000, vol. 1
La pampina di l’oliva – Tarantella – Carritteri in camminu – A solo di marranzano – La pettegola – Canto dei mietitori
Sicilia 1, Music EPM 30000, vol. 2
Lamentu pi la morti di Turi Carnivali
In nessuna regione d' Italia folklore e civiltà letteraria, tradizioni secolari e modernità convi­vono con tanta naturalezza e tanto poco stridore come in Sicilia. Accanto al patrimonio che una lunga e complessa storia culturale ha accumulato pazientemente, per vario incrocio di civiltà e di popoli, sul suolo e nell'animo dei suoi abitanti, vive una produzione poetica e musicale intima­mente legata, per quotidiana dimestichezza, con l'esistenza della fiera gente dell'Isola.
Come secoli fa, ancor oggi poeti popolari, can­tastorie, suonatori e musicanti pullulano in Sicilia: nuovi aedi trovano i canti, le storie eroiche o tragiche o drammatiche, l'invettiva satirica; di piazza in piazza girano i Cicciu Busacca e gli Orazio Strano, nomi illustri d'una tradizione glo­riosa, che sul vecchio tronco della poesia e della musica popolare innestano varietà e temi recentis­simi; antiche melodie e motivi a danza si rie­laborano, e altri se ne inventano. Né si trat­ta di curiosità archeologica da parte di eruditi, o di esteriori parate per solleticare il turista: co­me il giornale, il comizio o il cinema, sono formemoderne di comunicazione e di espressione po­polare pure la sestina del cantastorie, il bozzetto satirico del menestrello e i concerti dei suonatori di strumenti tradizionali: multiforme facce di una vivente e vitale tradizione di genuino teatro spon­taneo.
In questo disco abbiamo voluto riunire esempi. che ci sono sembrati tipici delle forme espressive del folklore musicale siciliano: dall'assolo di mar­ranzanu, di intensa vigoria musicale, alla classica tarantella; dal canto di carrettiere alla splendida Pampina de l'alivo. E così, qui figurano i nomi più rappresentativi del folklore attuale siciliano: Orazio Strano, il più anziano e il più glorioso di tutti, capo riconosciuto della vecchia scuola di cantastorie; Giovanni Di Giovanni, il massimo fri­scarettaru dell' Isola; Giuseppe Giuffrida, impa­reggiabile suonatore di marranzanu; Francesco Platania, il più fedele allievo di Strano.
La nuova scuola, rappresentata dal ruvido vi­gore drammatico di Cicciu Busacca, darà argo­mento ed altri due dischi.










Sicilia 2, Music EPM 30001, vol. 2
Lamentu pi la morti di Turi Carnivali
Sicilia 3, Music EPM 30002, vol. 3
Lamentu pi la morti di Turi Carnivali
Dei tre tipi di cantore popolare siciliano (il canzonettista, che gira per i circoli ed i negozi del proprio paese a cantar canzonette e strofette quasi sempre umoristiche;l'orbu, che canta le tra­dizionali novene d' argomento religioso; e il cantastorie) il cantastorie è quello più curioso e in­teressante. Il suo raggio d' azione è spesso qomprensivo dell' Isola intera, e gli spostamenti oggi­giorno sono facilitati da un camioncino munito d' altoparlante. II suo repertorio è costituito in gran parte da componenti in ottave 'ntruccati, che cantano fatti di cronaca: storie di briganti, drammi passionali; di sciagura pubblica: carestie, pestilenze, eruzioni dell'Etna; di storielle pic­canti: ,canti burleschi, contrasti umoristici e lascivi tra uomini e 'donne. A differenza degli altri due tipi, egli si serve di cartelloni esplicativi che si leggono, spesso, dall'alto in basso e da sini­stra a destra. Ogni cartellone contiene una sola storia narrata in sei o più riquadri.
Il Lamentu pi la morti di Turiddu Carnivali è uno dei più tipici esempi del moderno reper­torio di cantastorie. Il poemetto è opera di Ignazio Buttita, uno dei più significativi poeti reali­sti siciliani, autore fra l'altro di un volumetto di poesie Lu pani si chiama pani che ha avuto grande fortuna e che si avvale della traduzione a fronte pagina dovuta a Salvatore Quasimodo. Il Lamento si ispira ad un fatto vero, un drammatico episodio delle lotte per la riforma agraria in Sicilia, ed è in sostanza, sullo stile di Garcia Lorca,•la storia di un agitatore sindacale, venerato come un santo dai contadini della sua terra.
Giovanni (Cicciu) Busacca è il rappresentante della giovane scuola di cantastorie siciliani. Dram­matico e realista, canta storie modernissime come quella di Giuliano o versi• scritti da poeti che hanno recentemente acquistato grande popolarità non solo in Sicilia ma in tutta Italia: per esem­pio, Ignazio Buttita. E' amico di intellettuali come Guttuso o Levi o Cocchiara. Compone anche lui storie e vicende, di forti tinte drammatiche: il suo capolavoro è forse Notti di sangu, una tragica vicenda che in certi momenti raggiunge toni di alta e schietta poesia. E' stato allievo di Orazio Strano, con il quale ha lavorato per un .certo. tempo: poi s'è messo per conto suo e da al­lora è nata l'accesa rivalità che lo divide dal suo maestro. Nato a Paternò il 15 febbraio 1925 (ivi abita, in via G. B. Nicolosi 73), fà il cantastorie da cinque anni. E' piccolo, moro, con due occhi estremamente vivi e intelligenti. Ha quattro figli. Prima di fare il cantastorie, ha fatto di­versi mesteri: il bracciante, il muratore, il tegolaio. Canta l'ottava così: I primi versi detti e più spesso declamati, con un accentuato gestire; poi, a metà del quarto verso, suonato un accordo di chitarra, inizia il canto.


I cantastorie      
         alla Sagra di
GRAZZANO VISCONTI
del cantastorie PIAZZA MARINO
sul motivo: (paribon-zibon-zibon)
                   
                   I
Il 29 giugno a Grazzano
           paribon-zibon-zibon
alla sagra in allegria
a cantare in armonia
          ti voglio ben biondina
          ti voglio ben bionda
                     II
Dalla Sicilia all’alta Italia
I Cantastorie in gran battaglia
Canti, suoni e buon umore
Sarà eletto il trovatore.
                     III
Gioia, allegria, divertimento
Sarà per tutti un godimento
Scherzi umoristici e un gran concerto
Allo spettacolo dato all’aperto
                     IV
Tutti presenteranno una storia
Un soggetto degno di storia
Umoristico o commovente
Che interessa tutta la gente
                     V
Critici Registi e Produttori
Giornalisti ed Editori
Amanti dell’arte e del buon umore
Premieranno il migliore
                     VI
Grazzano Visconti, realtà e fantasia
Arte, lavoro, pace, allegria
Tutti alla Sagra partecipate
a passare un’allegra giornata d’estate
Canzone dedicata alla Sagra dei
Cantastorie di Grazzano Visconti

Arriva il
    Cantastorie
    (Valzer brillante)
di A. Stagni – M. Cavallari
Ideazione di Piazza Marino
               (Poeta Contadino)
Ed. Mus. ITALVOX – Bologna (128)

Non c’è paese, villaggio e contrada
Che non l’abbia visto passar :
è un cantastorie che vende canzoni
di adesso e di cent’anni fa;
quando è in arrivo la gente si aduna
perché vuol sentirlo cantar…
Con quanta voce lui ha in gola
Lui grida allora così:
Arriva il cantastorie
Venite tutti in piazza!
Nel programma che so presentar
C’è un motivo per ogni ragazza
Evviva il Cantastorie
Che porta allegria
Chi si vuol divertire
per sempre mi deve ascoltar
Tutto gli serve per fare canzoni
Che vuole lui stesso lanciar;
gentili vicende d’amor
fatti e misfatti che accadono al mondo
lui sempre vi sa raccontar
Poi si fa propaganda
E canta ancora così
 Arriva il cantastorie
Venite tutti in piazza!
Nel programma che so presentar
 C’è un motivo per ogni ragazza
 Evviva il Cantastorie
 Che porta allegria
 Chi si vuol divertire
 per sempre mi deve ascoltar
I Cantastorie
sono pronti per la Sagra
a Grazzano Visconti
di   Lorenzo De Antiquis
1)I cantastorie sono pronti
per la Sagra a Grazzano Visconti
Lombardia, Emilia, Sicilia
Faremo tutti una famiglia.
2) Sarà per tutti obbligatoria
 raccontare una bella storia.
 Proclamato chi meglio la canta
 “Trovatore del 60”.
3) L’A.I.CA. la nostra Associazione
 Ha stabilito la selezione
Canteremo allegramente
evviva il nostro Presidente.
4) Evviva la stampa, la RAI-TV.
Grazzano Visconti, la Giuria e in più   
W il Popolo e il Comitato
che la ”Sagra” ha ideato.

Edizione Periodica Anno 49°/CANZONI-PARODIE-TRAGEDIE-POESIE/del cantastorie PIAZZA MARINO e il Presidente A.I.CA. DE ANTIQUIS LORENZINO/ARRIVA IL CANTASTORIE/alla Sagra

di Grazzano Visconti, verso Canzonette-Parodie-Serenate e Melodie/di PIAZZA MARINO il Poeta contadino, Stab. Tipo-Litografico G. Campi - Foligno, Piazza Marino – Bologna, Compilatore e responsabile delle presenti canzoni popolari, 13-6-1960





I cantastorie dell’èra spaziale
Ci sono ancora i cantastorie? Ce ne sono ancora, l’età dei razzi, dei grattacieli, dei jukeboxes non è riuscita ancora a disperderli del tutto, a farli dimenticare. Anzi, il 29 giugno si sono riuniti a Grazzano Visconti, nel Piacentino, per disputarsi il titolo di “Trovatore” d’Italia 1960 e il cilindro d’oro, che è l’Oscar. Sono venuti dagli aranceti siciliani, dalle valli piemontesi, dalle campagne dell’Umbria e della Sabina.
Qualche decina d’anni fa erano ancora parecchie migliaia, adesso sono centinaia ma non sono soltanto residui. S sono modernizzati, usano cartelloni stampati invece di quelli disegnati e colorati a mano – antenati dei fumetti – che son diventati rarità da collezionisti; vanno in giro con l’autostop o in motoretta; hanno un sindacato; usano la fisarmonica accanto alla chitarra. Qualcuno si è affacciato anche alla ribalta della radio, ha inciso dischi, ma si è trattato di tradimenti occasionali perché il loro vero regno è la strada, la piazza, i loro versi sono legati alle figure, alla “spiega” per il colto e l’inclita.
Era un cantastorie Omero, non dobbiamo dimenticarlo; e da allora in poi la tradizione non si è mai interrotta, forse non sparirà nemmeno quando tutti sapranno leggere e scrivere perché cartelloni e cantilene non sono soltanto un mezzo di erudire gli ignoranti sui fatti della vita, sono anche spettacolo, fantasia: una poesia rustica, elementare ma suggestiva, come questo squarcio di Vitu Santangilu, uno dei più famosi, dedicato al tema classico de “La granni vennetta”. C’è un ragazzo che vendica il padre contro i figli del nemico: “Pippinu cci diciva a li du frati – cchiù ‘nfami di lu patri vantri siti – facistu ‘n tradimentu, ricurdati – ma ora suttu terra vanniiti – Cussì dicennu du corpa sparau – a Tuno ch’era avanti e l‘ammazzau”. Vinniiti significa: ve ne andate, e il resto in complesso è comprensibile. Poi. “Dopu ca la vinnitta complitau – ringraziau lu supremu Diu e po’ li mitra ‘n testa si puntau – dicennu: ora moro puru iu – Du corpa si sparau, creaturi, - e morsi tutti chienu di duluri”. Non sembra di ritrovare l’eco di uno splendido e fosco poema cavalleresco?
A Grazzano, - che è un paese fiabesco, dove par di essere riportati all’età del Quattrocento, - c’è stata anche una mostra di cartelloni dei cantastorie. Così è stato possibile, attraverso le gare e la mostra, seguire l’evoluzione del gusto e degli argomenti che tengono il passo arditamente con la cronaca di oggi. Ci sono le solite stragi per ragioni d’onore e c’è il più impressionante personaggio che sia mai vissuto e perito in carcere, il bandito Chessman: c’è la tragedia della squadra di calcio del “Torino”, distrutta in un incidente aereo; c’è l’affondamento dell’Andrea Doria e ci sono “Notti di sangue”, “Invidia e tradimento”. In ogni caso, i cantastorie non vengono mai meno ad una legge che è la stessa ragion d’essere del loro vagabondaggio; i fatti che raccontano non sono mai inventati, sono sempre presi dalla realtà.
                                                                                         Vincenzo Buonassisi
(La “Domenica del Corriere”, luglio 1960)







Cantano la cronaca i “poeti delle piazze”


Grazzano Visconti, luglio
Amore e passione, fedeltà e inganno, vendette, sciagure, stragi, scellerataggini, spari di doppiette e pistole, saettare di coltelli, sferragliar di manette, lacrime di mamme e spose e orfanelle, lievitando sul filo della melodia hanno offerto emozionanti spunti per qualche ora di allegra e spensierata, il giorno di San Pietro e Paolo, a Grazzano Visconti. All’ombra dell’antico castello, fra gli olmi giganti e le casette quattrocentesche, c’era il raduno dei cantastorie, gli schietti cronisti della canzone, per il loro classico “torneo”. In realtà, un autentico Festival di questi genuini interpreti dell’incontaminata musica popolare. Premio: il simbolico “cilindro d’oro” e il titolo di “Trovatore d’Italia”. Ha vinto il siciliano Orazio Strano, un ”aedo” dalla voce che ha la suggestione profonda e i miracolosi echi d’un mondo misterioso. Però ciscuno dei rapsodi in gara ha regalato un nutrito, succoso spettacolo, cosicché la manifestazione è apparsa bel complesso, eccezionale. Comparendo sul palco eretto nell’affascinante piazzetta sassosa, i “menestrelli” hanno cantato e recitato veramente da grandi istrioni le loro impressionanti storie. Il pubblico, assai folto, ha sbigottito alle vicende in musica della “sposa fedele salvata da Santa Rita”, sìè rattristato al racconto dell’angosciato coniuge, ha pianto al ricordo del “Grande Torino” scomparsi nella sciagura aerea di Superga. Fortunatamente, a confortare gli spiriti, affluiva dai comignoli il profumo casereccio del pollo in umido e del pasticcio di lasagne, filtrava dalla verzura il sentore frizzante del lambrusco. Va da sé che a questo raduno non c’erano proprio tutti i cantastorie che “battoino” la polverosa provincia italiana. Tuttavia si può parlare di una trappresentanza quanto mai onorevole; non mancava nessuno dei più famosi, tranne il giovanissimo Vito Santangelo trattenuto lontano dal servizio militare.
Chi s’aspettava, in questo scorcio di tempo dominato dal microfono e dalla televisione, di ritrovare sull’onda del successo i cantori della strada? Eppure, finché esisterà la gente semplice, stregata dal fascino della poesia e della cantilena che tocca il cuore, è ai “trovatori” che va il favore popolare. Certamente non si contano più a centinaia, come un tempo: ma quelli che continuano la tradizione sono i puri. Così, i piemontesi permangono specialisti delle stori dinastiche e reali, i lombardi restano d editi alla fisarmonica e allo spettacolo, i veneti alle vicende di carattere religioso, i toscani si tramandano gli stornelli mentre i marchigiani, gli abruzzesi e i napoletani cantano sempre i drammi passionali e i siciliani, fedeli alla chitarra, illustrano le tragedie dell’onore.
Il loro mestiere è antichissimo ed illustre, ad esso appartenne Giulio Cesare Croce, il fabbro ferraio che ci lasciò le favole di Bertoldo e Bertoldino. Cantano accompagnandosi sull’aria di motivi moderni e, finita la “vicenda”, scendono tra la folla a raccogliere l’obolo e a vendere i “canzonieri” che recano stampate le loro fantasie poetiche. Ognuno di essi “fa” circa trfecento mercati l’anno e inoltre partecipa alle numerose fiere paesane. Sono in gran parte motorizzati. Il giro d’affari annuo della categoria, a quanto si sa, s’avvicina ai duecento milioni di lire. La qual cosa testimonia che sono sempre apprezzatissimi dal popolo, i temi della loro ispirazione vengono tutti dalle cronache, dalla vita quotidiana. A Grazzano Visconti, dunque, hanno avuto la loro grande giornata. Oltre al “primo premio”, sono stati assegnati: il “cilindro viola” per il miglior dicitore ad Adriano Callegari, quello rosso ad Angelo Cavallini e a sua moglie, quello azzurro per il miglior strumentista al complesso Bampa di Verona, e vaie coppe ad altri “menestrelli” meritevoli di lode. Va annaotato, infine, il merito del comitato per le Sagre di Grazzano, per il rilievo dato al sale d’una tradizione schiettamente italiana qual è quella dei cantastorie.
                                                                                                                   Aldo Belloni
(“Il Musichiere”, n. 79, 7 luglio 1960)
La tradizionale Sagra dei cantastorie


Eletto a Grazzano Visconti
il “Trovatore italiani” 1960
E’ il siciliano Orazio Strano – Escluso dalla gara Ciccio Bu- sacca perché vincitore di precedenti tornei – Composizioni dedicate al caso Chessman – Significato della manifestazione
Dal nostro inviato speciale
Piacenza, 30. – Per circa mezz’ora, nella mattinata di ieri, la Sagra dei cantastorie di tutt’Italia ha coinciso con un’altra Sagra quella della Società Alimentari Grazzano, celebrandosi la posa della prima pietra dell’edificio che accoglierò lo stabilimento del pomodoro. Il pomodoro, infatti, è un po’ il simbolo dell’economia del paese che i Visconti hanno voluto costruito in perfetta somiglianza di una cittadina medioevale. Mentre lo sguardo si posava sui pittoreschi costumi antichi per l’occasione sfoggiati da alcune r agazze, su una tribuna si esaltava la virtù del pomodoro locale, che anche i tecnici americani hanno riconosciuto in possesso di pregevolissime qualità.
Abbiamo quindi assistito, nel pomeriggio, alla presentazione dei diversi cantastorie provenienti da varie regioni d’Italia per la Sagra nazionale organizzata dall’Ente provinciale per il turismo di Piacenza e del Comitato delle Sagre di Grazzano Visconti.
Si è trattato di un’iniziativa di notevole interesse sul puano musicale come su quello del costume. L’avvento dei moderni mezzi di informazione e di divertimento, d alla facile e rapida presa su un pubblico vastissimo, fenomeno quale mai si era conosciuto in passato, e cioè la radio, i giornali, la televisione, la canzone, il cinema, ha ricacciato sempre più indietro il folclore e quindi ha reso sorpassati anche i cantastorie. E difatti, questi artigiani dell’informazione, della filosofia immediata, sono ancora numerosi, sembra, ma la loro funzione va sempre più restringendosi e in quasi tutta l’alta Italia spesso quello del cantastorie non è un mestiere che basti a sfamare. Ci sono certe zone più privilegiate, l’Emilia Romagna, ad esempio: ma è in Sicilia che i cantastorie raggiungono la più alta dignità di arte, appunto perché assolvono una funzione viva e sentita nella popolazione.
La Sicilia, infatti, ha cronache sue che nessuno osa narrare completamente, e allora, ecco, il cantastorie interpreta questo sviluppo di pudori e di silenzi imposti, e la sua voce, di paese in paese, è l’unica ad esprimere la realtà. Così si comprende perché il cantastorie siciliano abbia raggiunto altezze poetiche.
Anche la sagra di Grazzano Visconti ha confermato questo stato di cose: non si può negare in blocco la voce dei cantastorie settentrionali, ma è certo dalle loro rappresentazioni improvvisate che escono gli atteggiamenti di una morale più sottomessa e conformista, quando non addirittura scontata e banale: abbiamo persino ascoltato più d’uno fare una tiratina di lode al “signore”, in questo caso i Visconti, loro gentili patroni d’occasione.
La voce più alta si è levata, a nostro avviso, dalla gola di Orazio Strano: una voce , la sua, tagliata tragicamente, come quella di un vecchio soliutario cantante di blues negro. E il paragone dice qualcosa sul comune patrimonio d’arte che può vantare una cultura popolare.
Giusto, quindi, che l’assegnazione del Trovatore italiano di quest’anno sia andata proprio ad Orazio Strano. L’antagonista maggiore di Strano era naturalmente un altro siciliano, il famoso Ciccio Busacca. Quest’ultimo, però, con decreto inatteso della giuria, è stato giudicato fuori concorso per avere già in altre edizioni riportato la vittoria. Decisione giusta, forse, dal punto di vista della distribuzione dei titoli, ma che certamente ha tolto alla manifestazione un npoco del suo dinamismo: Ciccio Busaccca, del resto, non ha mancato di ricordare i propri meriti, pur dichiarandosi “accontentato” di cantare comunque una storia.
Ad Orazio Strano, dunque, è andato il titolo di Trovatore 1960, più la coppa e il cilindro d’oro. I premi erano una decina, a base di “cilindri” di diversi colori, e tra gli altri premiati figurano Adriano Callegari, presentatore dello spettacolo e cantastorie egli stesso; il cilindro viola gli è andato per le sue qualità di dicitore. Poi i coniugi Cavallini, cilindro rosa, quali cantanti, Turiddu Bella di Catania, cilindro verde, quale miglior poeta (egli è collaboratore di Orazio Strano).
Va ricordata una mostra di documenti e oggetti antichi e moderni permetteva di fare meglio la conoscenza con il mondo dei cantastorie.
Ai testi presentati durante il festival si è già accennato: basterà aggiungere che più di uno ha trattato il caso Chessman, il che rientra appunto negli scopi e nella sostanza dei cantastorie. Ma forse proprio qui più evidenti erano certi limiti di faciloneria e di ingenuità. Questo discorso, ripetiamo, non vale peri grandi cantanti narratori di Sicilia.
Infine, non si può evitare un rimprovero agli organizzatori della manifestazione. Una rassegna lunga e impegnativa quale era quella a cui abbiamo assistito richiedeva, per limitarci alla cosa più importante, una degna possibilità di ascolto e un’adeguata sistemazione dei posti. Ciò vale sia per coloro che sono presenti come incaricati di giornali e debbono essere posti, perciò, in condizione di riferire con esattezza, sia per il pubblico stesso: gli uni e gli altri non meritano di cuocere in piedi sotto il sole.
Ricordiamo che nella giuria erano presenti, fra gli altri: Luciano Sangiorgi, Roberto Leydi, Carlo Concina, gli attori Carlo Ninchi e Paolo Carlini.
                                                                                                        Daniele Ionio
(l’Unità, 1-7-1960)





















Della giuria della Sagra Nazionale del Cantastorie a Castell'Arquato, facevano parte, tra gli altri, Fedora Barbieri, Renata Tebaldi,
Giovanni D'Anzi, Paolo Poli, Sergio Balloni, Vincenzo Buonassisi, Carlo Graviani, Mario Morini.
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